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Nouriel-Roubini 02

Nouriel Roubini

In questo “purgatorio” dantesco descritto da Roubini pare che vi sia poca speranza, almeno nel breve, per una risalita verso un approdo meno tenebroso e illuminato dal chiarore del buon senso. La dimensione tragica del dialogo appare in tutte le sue forme, in particolare quando egli manifesta la convinzione che i domatori di questo ircocervo finanziario non pagheranno nessun fio per le loro malefatte, non saranno cacciati nel terzo girone dell’inferno costretti a stare seduti nella sabbia arroventata dalla pioggia di fiammelle, poiché “l’estintore” delle BBCC (Banche Centrali) provvederà a spegnere ogni scintilla.

Qui, ci permettiamo parzialmente di dissentire, pur nutrendo molto rispetto per l’accademico americano d’origine medio-orientale, laureatosi alla Bocconi. Liquidità non fa il pari con solvibilità. Ci potrà essere un mare di denaro nelle riserve delle banche commerciali ma se il debitore non è in grado di adempiere alle proprie obbligazioni finanziarie, fallisce. Del resto, cosa accadde alla Lehman & Brothers nel 2008 in pieno QE, fece bancarotta.  E’ altresì vero che le BBCC faranno l’impossibile per evitare che si verifichi un “credit crunch”, (stretta creditizia) ma occorre ricordare che la loro potenza di fuoco rispetto alla massa di denaro amministrata presente nel mercato finanziario globale è irrisoria. Una semplice palla di neve tirata per gioco potrebbe scatenare una valanga. Non è detto che succeda, ma mai equivalere l’improbabilità alla “certezza”. Le “code”, come suggeriva Keynes, sono “malefiche”.

“The Stock Market Is Deluding Itself”

Interview with Economist Nouriel Roubini

Prominent American economist Nouriel Roubini does not believe the global economy will recover quickly. He believes that the dire situation will produce a summer of protest in the U.S. and years of difficulties in Europe as well.

Interview Conducted by Tim Bartz

12.06.2020, 18.26 Uhr

DER SPIEGEL: Mr. Roubini, la pandemia ha messo in ginocchio l’economia globale e milioni di persone hanno perso il lavoro. La crisi è grave come quella della Grande Depressione degli anni 30?

Roubini: il tracollo è persino maggiore d’allora. Ci sono voluti anni dal 1929 fino a quando la piena estensione della crisi divenne visibile. Rispetto ad oggi, si configurava come un disastro ferroviario al rallentatore. Ora l’economia mondiale è crollata nel giro di poche settimane e solo negli Stati Uniti oltre 40 milioni di persone sono disoccupate. Molti credono che l’economia riprenderà altrettanto rapidamente, ma questo è un errore.

DER SPIEGEL: Lei non crede in una ripresa a forma di V nonostante gli enormi pacchetti di stimolo economico? Dopotutto, a maggio, sono stati nuovamente creati 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti.

Roubini: Certo, vedremo una ripresa nella seconda metà dell’anno. Ma non sarà una vera ripresa, bensì un’illusione. L’economia è caduta così rapidamente che a un certo punto è praticamente scontata una sua ripresa. Ma ciò non compenserà in alcun modo il tracollo. Anche alla fine del 2021, l’economia degli Stati Uniti sarà ancora al di sotto rispetto al livello conseguito all’inizio del 2020; troppo si è rotto. E il tasso di disoccupazione si stabilizzerà intorno al 16 o 17 %,  durante la crisi finanziaria era solo del 10 %. La creazione di posti di lavoro a maggio è stata di soli 2,4 milioni dopo che 42 milioni hanno perso il lavoro negli ultimi mesi. E il tasso di disoccupazione attuale è molto più alto di quello ufficialmente misurato.

DER SPIEGEL: Il mercato azionario vede ovviamente le cose diversamente, con il prezzo delle azioni negoziate pari allo stesso livello dell’inizio anno.

Roubini: il mercato azionario si sta ingannando. Gli investitori scommettono che ci saranno ulteriori pacchetti di stimolo economico e un recupero degli utili a forma di V. Ma per le persone qui [che vivono] negli Stati Uniti, ciò non significa nulla.

DER SPIEGEL: Da quando gli americani non si preoccupano del mercato azionario?

Roubini: L’andamento dell’indice di Wall Street è da attribuire alle grandi società, in particolare le banche e le società tecnologiche. Supereranno la crisi perché lo Stato non le lascerà mai andare sott’acqua. Elimineranno le maestranze, ridurranno i costi e alla fine avranno ancora più potere di mercato rispetto a prima. Ma ciò che qui chiamiamo Main Street, le piccole e medie imprese, non possono farlo. Vanno in bancarotta. Stimo che ad ogni secondo [che passa] un ristorante di New York City dovrà chiudere, ma McDonald riuscirà a cavarsela. Ma non è tutto.

DER SPIEGEL: Cosa c’è d’altro?

Roubini: il 10% più ricco degli americani detiene l’80% della ricchezza del mercato azionario, mentre il 75% non possiede azioni. C’è uno studio della Federal Reserve, secondo il quale il 40 % degli americani non possiede 400 dollari in contanti tali da potere sopportare un imprevisto. Stiamo vivendo questa emergenza adesso. Il sistema è malato e la gente sta scendendo in strada per questo motivo.

DER SPIEGEL: Vuole dire che le proteste a seguito dell’uccisione della polizia di George Floyd hanno anche una componente sociale?

Roubini: Certo! Nella zona in cui vivo, il Bowery a Lower Manhattan, tre quarti dei manifestanti sono bianchi. Molti di loro sono giovani e appartengono al “Precariato” urbano, la nuova sottoclasse che ha sostituito la tradizionale classe lavoratrice nelle economie di servizi avanzati: il “Proletariato”. Il Precariato è composto da lavoratori temporanei, liberi professionisti, persone che lavorano su base oraria, lavoratori temporanei, piccoli appaltatori, anche se spesso hanno conseguito titoli universitari. Coloro che non hanno un regolare lavoro a tempo pieno dopo tre mesi non ricevono più trasferimenti statali. Queste persone non possono più pagare l’affitto, le bollette telefoniche, e l’elettricità e l’acqua sono tagliate. Sarà un’estate lunga e calda.

DER SPIEGEL: Ciò ridurrà significativamente le possibilità di rielezione di Donald Trump, non è vero?

Roubini: Ha ragione. Ma Joe Biden dovrà vincere con un margine molto ampio affinché Donald Trump lasci Washington da solo. Ma prevedo che non è quello che succederà. O Trump riuscirà a malapena rimanere in carica, anche se il sostegno della classe lavoratrice bianca che lo ha eletto sta calando. Oppure perderà con un margine limitato, ma non accetterà il risultato.

DER SPIEGEL: E crede seriamente che si barricherebbe all’interno della Casa Bianca?

Roubini: Certo. Trump non interpella la Corte Suprema come fece Al Gore e richiederà un nuovo conteggio dei voti qualora i risultati delle elezioni lo condannassero di stretta misura in alcuni collegi. Darà la colpa alla Cina, Russia, neri o immigrati e si comporterà come il dittatore di una repubblica delle banane. Chiamerà i suoi seguaci alle armi: ci sono abbastanza fascisti bianchi armati che scorazzano là fuori. Abbastanza spesso ricorda loro il Secondo emendamento, che consente agli americani di possedere armi.

DER SPIEGEL: uno scenario cupo. Trump probabilmente incolperà anche la Federal Reserve per gli sviluppi economici. Vuole che la Fed abbassi ulteriormente i tassi di interesse.

Roubini: La Fed ha già fatto ogni sorta di cose che non doveva fare. Ha salvato banche, investitori finanziari, hedge funds e gestori patrimoniali inondando di liquidità i mercati. Questa è stata la cosa giusta da fare nel breve termine per evitare la deflazione. Ma il debito pubblico è così alto che i governi e le imprese possono rifinanziarsi solo se i tassi d’interesse rimangono ultra bassi. La Fed deve verificare che ciò accada acquistando obbligazioni e quindi aumentando i loro prezzi e deprimendo i tassi d’interesse. A lungo termine, non smetterà di agire in tal senso. La Fed è nella stessa situazione di tutte le principali banche centrali presenti nel mondo.

DER SPIEGEL: Vuole dire che le banche centrali hanno perso la loro indipendenza?

Roubini: Assolutamente. Guardi: a dicembre 2018, il presidente della Fed Jerome Powell annunciò che avrebbe alzato i tassi d’interesse e ridotto il bilancio della banca centrale bloccando gli acquisti di obbligazioni. Di conseguenza, il mercato azionario crollò del 20 %. Powell fece un passo indietro, e oggi il bilancio della Fed è due volte più grande di allora. A lungo termine, tutto ciò porterà all’inflazione.

DER SPIEGEL: Come può succedere quando così tante persone sono disoccupate e l’economia non sta davvero decollando?

Roubini: Perché sperimenteremo uno shock negativo dal lato dell’offerta. Può sembrare tecnico, ma è facilmente spiegabile.

DER SPIEGEL: prosegua.

Roubini: La globalizzazione ha mantenuto bassi i costi della manodopera e della produzione per anni, se non altro a causa dei 2,5 miliardi di lavoratori a basso costo provenienti da India e Cina. Ma la globalizzazione aveva già superato l’apice dopo la crisi finanziaria e la pandemia ha intensificato la tendenza. Assistiamo alla ri-nazionalizzazione, alla disintegrazione delle catene di approvvigionamento, nonché a un conflitto commerciale tra Cina e Stati Uniti

DER SPIEGEL: Quindi si aspetta un aumento complessivo dei prezzi?

Roubini: prenda l’esempio della tecnologia 5G: Nokia ed Ericsson sono più costosi del 30% e meno efficaci del 20% rispetto a Huawei. Quindi, se un paese decide che l’espansione del 5G si accompagni con buone ragioni a una politica di sicurezza contro Huawei, i prezzi di tutti i tipi di prodotti finali, dai servizi 5G ai tostapane e ai forni microonde con chip 5G, aumenteranno automaticamente. E ciò alla fine porta all’inflazione.

DER SPIEGEL: Ma poi i tassi di interesse dovrebbero aumentare.

Roubini: Secondo il libro di testo, sì, ma ciò non accadrà. Sennò, i bilanci e i tetti di spesa degli Stati e delle imprese andranno in mille pezzi.

DER SPIEGEL: lei si è sorpreso della quantità di soldi che gli europei stanno improvvisamente mobilitando per stabilizzare le loro economie?

Roubini: Non proprio. Dopotutto, si tratta di mantenere unita l’Eurozona. Senza un atto di solidarietà, in particolare l’Italia, collasserebbe e lascerebbe la zona valutaria comune. Quindi tutto sarebbe finito.

DER SPIEGEL: Per quanto riguarda il pacchetto di aiuti da 500 miliardi di euro che la Germania e la Francia sperano mettere insieme, il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz ha parlato, per quanto concerne l’Europa, di una decisione Hamiltoniana, un riferimento al primo segretario al tesoro americano Alexander Hamilton, che tracciò le fondamenta finanziarie statunitensi. Lei pensa che Scholz stia esagerando?

Roubini: Certo, che sta esagerando. Il pacchetto va benissimo, ma mancano due prerequisiti cruciali per uno stato federale europeo: in primo luogo, la mercificazione delle passività: il debito italiano è ancora il debito italiano. In secondo luogo, un budget comune di dimensioni significative, vale a dire del 20 o 30% del prodotto interno lordo e non, come è ora il caso, di appena il 2%.

DER SPIEGEL: secondo gli standard tedeschi, le decisioni del governo tedesco sono rivoluzionarie.

Roubini: Non si puoi sempre dire di no a tutto! Berlino non può essere contraria al fatto che il bilancio dell’UE stia crescendo e che la BCE stia svolgendo un ruolo maggiore e allo stesso tempo si sorprenda quando tutto va a perdersi. [Se così accadesse] l’Europa sarebbe morta! Fortunatamente, il cancelliere Angela Merkel ha realizzato in tempo ciò che era in ballo. E, al momento, è così popolare che può far passare queste cose. Dubito che ciò sarebbe ancora possibile sotto un suo successore, indipendentemente da chi diventasse il leader del suo partito e quindi cancelliere.

DER SPIEGEL: Ma la prossima crisi è già in agguato dietro l’angolo: Brexit. Gli inglesi richiederanno nuovamente una proroga del periodo di transizione?

Roubini: parlo regolarmente con i rappresentanti del governo britannico e ho l’impressione che si stiano chiaramente dirigendo verso una Brexit severa. Londra non vuole un accordo di libero scambio come quello tra UE e Canada, il governo vuole davvero un taglio netto. Questo è, ovviamente, una pazzia. I camion si accumuleranno alla frontiera doganale, i mercati azionari europei cadranno bruscamente, così come quelli britannici, e anche l’economia europea ne risentirà, anche se non nella stessa misura.

DER SPIEGEL: C’è qualcosa che le dà speranza?

Roubini: Speranza? Dovrei pensarci. È stato positivo che i governi abbiano reagito in modo così rapido e massiccio alla pandemia e alle sue conseguenze. Ma altrimenti? Temo che gli anni 20 saranno segnati dal destino e dal disastro. Forse l’economia globale sarà più sostenibile in seguito. Ma per ora, vedo lo scenario cupo.

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Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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