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Lucrezia Reichlin

Si direbbe, secondo un noto detto italiano, “che tutti i mali non vengono per nuocere”. Tuttavia, se tale opportunità viene persa, il rischio per una fragile UE può essere “che si cada dalla padella alla brace”. Sinceramente, non ci convince del tutto il “fondo assicurativo” proposto dalla Lucrezia Reichlin, anche se lo giudichiamo una prima mossa di pedone su di una scacchiera intonsa. Sia per quanto concerne la condivisione del rischio, così come per qualsiasi progetto d’investimento in funzione di una crescita collettiva europea (19) servono cospicue risorse in conto capitale. Queste garantite con emissioni di titoli in (joint-financing), chiamati in modo più prosaico “eurobond”. Ci permettiamo di far rilevare che la supposta “salubrità delle banche”, argomentata nel post, cozza contro l’overnight in una spaventevole notte nella seconda settimana del settembre scorso quando negli USA i tassi schizzarono a quasi al 10% e la FED dovette intervenire sollecitamente con un piano d’iniezione di liquidità abbondante per i tre mesi successivi (REPO) al fine di soffocare il divampare delle fiamme.

COVID-19 Is an Opportunity for Europe

Mar 10, 2020 LUCREZIA REICHLIN

The European Union has always advanced on the back of crises. In this sense, the COVID-19 outbreak could represent a chance for the EU to create a powerful crisis-management mechanism, which pools members’ resources and channels them toward a coordinated fiscal policy.

LONDRA – Per anni si è diffusa la paura che un “cigno nero” mettesse alla prova le capacità di gestione delle crisi dell’Unione europea. Con lo scoppio del coronavirus COVID-19, queste paure sono sorte: e non è affatto chiaro se la UE sarà in grado di sopportarle.

L’epidemia COVID-19 non è solo uno stress test. Innanzitutto, è probabile che colpisca il mondo intero, portando a un rallentamento sincronizzato della crescita o addirittura alla recessione. Queste recessioni contemporanee sono di fatto sempre più pesanti e durano più a lungo relativamente a quelle che colpiscono le singole economie e nello specifico si accaniscono in modo devastante nei confronti delle economie “aperte” come quella della UE.

A complicare il problema, poiché tutti gli Stati membri della UE stanno affrontando un grave shock, saranno molto meno in grado di aiutarsi a vicenda di quanto lo fossero durante la crisi dell’eurozona iniziata nel 2010. L’Italia ha sofferto di più finora. Ma i precedenti modelli di trasmissione dell’infezione altrove, suggeriscono che COVID-19 continuerà a diffondersi in tutta Europa, mettendo a dura prova tutti i paesi.

Certo, è impossibile dire con precisione come si propagherà l’epidemia. Ma quell’incertezza non farà che aggravare la ricaduta economica, perché minerà gli investimenti e il consumo delle famiglie.

Il virus ha già interrotto le catene di approvvigionamento e rallentato il commercio globale, con effetti prevedibilmente negativi sui ricavi e sull’occupazione delle imprese. I settori del turismo e dei trasporti sono stati colpiti in modo particolarmente duro, non solo per le restrizioni ai viaggi imposte dal governo, ma anche per le volontarie misure di “distanziamento sociale” e la riduzione dei movimenti. Di conseguenza, la domanda complessiva sta già diminuendo, rispecchiando il crollo dei prezzi del petrolio, che generalmente si considera alla pari di un’avvisaglia della recessione globale.

A dire il vero, le conseguenze di uno shock negativo come COVID-19, per quanto doloroso, potrebbero essere di breve durata. Ma mentre la Cina sembra aver messo sotto controllo le nuove infezioni, il numero di casi continua ad aumentare altrove. A meno che questo non cambi presto, è improbabile che gli effetti economici siano temporanei.

Uno scenario più probabile è che lo shock COVID-19 metterà alla prova la resilienza dei sistemi di sanità pubblica, le relazioni sindacali e i meccanismi di solidarietà formali e informali in tutta la UE. E se la pandemia non si affronta con una risposta politica aggressiva e tempestiva, è probabile che i suoi effetti siano di lunga durata, specialmente se vengono attivati meccanismi di amplificazione.

Tali meccanismi funzionano generalmente attraverso il settore finanziario. La buona notizia è che, grazie al miglioramento della regolamentazione, le banche sono meglio capitalizzate rispetto al 2008, a quando scoppiò l’ultima crisi finanziaria globale. Tuttavia, alcuni paesi presentano ancora gravi carenze e la capacità di tenuta delle piccole e medie imprese (PMI) rimane dubbia. Nel settore manifatturiero, le PMI stanno già soffrendo. In caso di crisi prolungata, il danno finirà di pesare sui bilanci delle banche.

Nella UE, la capacità di fornire una risposta efficace e resistere a danni inevitabili (incluso il calo generale della domanda) varia da uno Stato membro all’altro. Ma, anche in paesi relativamente ben attrezzati, le misure unilaterali e ad hoc hanno solo un limitato potenziale. Un’azione coordinata, in particolare sul fronte fiscale, sarebbe molto più efficace.

Ciò non significa semplicemente consentire agli Stati membri d’incorrere in maggiori deficit fiscali. Anche se ciò aiuterebbe – se non altro migliorando le relazioni tra l’UE e i suoi cittadini –  a influenzare i premi di rischio di alcuni paesi (come dimostra il caso italiano). Un decennio fa apprendemmo che proprio questo avrebbe potuto minacciare la stessa sopravvivenza della zona euro e aggravare la crisi portando alla segmentazione finanziaria. La politica monetaria può aiutare in diversi modi, in particolare fornendo liquidità laddove sia necessario. Ad esempio, i policymaker potrebbero attuare operazioni mirate che condizionino le banche a erogare prestiti alle PMI. Più in generale, le banche centrali devono utilizzare tutti gli strumenti disponibili per compensare la pressione al ribasso sulle aspettative d’inflazione dipendente dal calo dei prezzi del petrolio.

Ma ciò di cui la UE ha davvero bisogno è uno stimolo fiscale coordinato che sfrutti il ​​suo potere di finanziamento collettivo (joint-financing). Tuttavia, al momento, essa non ha strumenti in atto che forniscano assistenza ai paesi membri in mezzo a grandi shock comuni. Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) potrebbe essere attivato in uno scenario estremo, ma utilizzarlo come strumento di gestione della domanda sarebbe inappropriato. E il Fondo di solidarietà della UE è esiguo per questo compito.

La pandemia del COVID-19 rappresenta quindi un’opportunità per la UE di creare un potente meccanismo di gestione delle crisi, che riunisca le risorse degli Stati membri incanalandole verso una politica fiscale coordinata. L’idea di una sorta di “fondo assicurativo” non è nuova: diversi economisti l’hanno sostenuta dopo l’ultima crisi, quando la discussione sulla riforma della governance era in pieno svolgimento.

La UE ha avuto la tendenza a compier il maggior numero di progressi nei periodi difficili. E, come possono testimoniare i milioni di persone attualmente in uno stato di forzata domiciliazione in Italia, l’epidemia di COVID-19 è proprio quel brutto momento. È giunta l’ora per la UE di intraprendere rapidamente un’azione coordinata e sfruttare lo slancio per costruire quelle istituzioni necessarie che facilitino un’azione ancora più efficace [nell’eventualità] che accada nuovamente uno shock di tale portata.

L’attuale contesto geopolitico dovrebbe rafforzare la motivazione dell’Europa a rafforzare la sua capacità di gestione delle crisi. Nel 2008 prevalse la cooperazione internazionale e gli Stati Uniti furono un partner affidabile per l’Europa. Quando le banche europee ebbero un disperato bisogno di dollari USA, furono rapidamente stabilite linee di scambio di valuta (currency swap line) per salvaguardare la stabilità finanziaria.

Oggi, al contrario, l’isolazionismo è in aumento, con gli Stati Uniti al comando. La Federal Reserve statunitense non ha consultato nessuno prima di attuare in condizione di emergenza il recente taglio del tasso di interesse. Si rabbrividisce nel pensare a cosa accadrebbe se le banche europee avessero urgentemente bisogno di finanziamenti in dollari in uno scenario [di crisi sistemica].

Il COVID-19 dovrebbe servire da potente avvertimento per i governi di tutto il mondo. La combinazione di degrado ambientale e profonda interconnessione economica ha reso il mondo più vulnerabile che mai a improvvisi shock su larga scala. La UE lo deve ai suoi cittadini fornendo loro la garanzia di una possibile risposta.

Lucrezia Reichlin, a former director of research at the European Central Bank, is Professor of Economics at the London Business School.

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Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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