Dopo la contraddittorie dichiarazioni da parte del Dipartimento di Stato USA successive all’uccisione di Qassem Soleimani: “ci ritiriamo, contrordine non ci ritiriamo”; “la lettera è vera, ma non doveva essere scritta”; in aggiunta alle dichiarazioni minacciose, parzialmente poi smentite, da parte dell’attuale presidente; l’articolo pubblicato l’altro ieri dal settimanale tedesco Der Spiegel ci pare che illustri uno scenario non molto dissimile, sebbene a parti invertite, dal copione del Dottor Stranamore di Stanley Kubrick.
Conflict with Iran Could Be Inevitable after Killing of General
U.S. President Donald Trump has repeatedly insisted he does not want war with Iran. Now, with the killing of General Qassem Soleimani, that conflict could be inevitable. It is the price for instinctual foreign policy devoid of experts.
A Commentary by Maximilian Popp
Volle fare tutto in modo diverso, usando accordi invece di alleanze, pressione anziché strategia. Anche tra i critici di Donald Trump, molti pensarono a lungo che ciò potesse essere un brutto modo di avvicinarsi alla politica estera. Dopotutto, i precedenti presidenti degli Stati Uniti avevano lottato per anni per trovare soluzioni alla stessa serie di crisi apparentemente insolubili: Afghanistan, Iran, Corea del Nord.
Donald Trump ruppe completamente con la tradizionale politica estera degli Stati Uniti. Si sbarazzò degli esperti del Dipartimento di Stato e scartò gli strumenti della diplomazia: le negoziazioni, i compromessi e la ponderazione degli interessi. Il principio che lo guidò fu lo “sconvolgimento”. Trump sostenne di poter risolvere i conflitti esclusivamente con il suo carisma e la sua immaginazione. Dopotutto, le aziende tecnologiche della Silicon Valley non rimodellarono allo stesso il mondo con le loro innovazioni?
Ora, tuttavia, il fallimento dell’approccio di Trump è diventato ovvio per tutti. Lo “sconvolgimento” potrebbe essere un modello appropriato per Google e per Facebook, ma non lo è per la politica globale.
Martedì, i miliziani sciiti attaccarono l’ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad, probabilmente per volere dell’Iran, e l’ambasciatore dovette essere evacuato insieme al personale dell’ambasciata. Giovedì sera, gli Stati Uniti risposero uccidendo il comandante della forza iraniana dei Quds, Qassem Soleimani, in un attacco missilistico a Baghdad. Soleimani era considerato il secondo uomo più potente in Iran e il suo assassinio è a dir poco una dichiarazione di guerra. Quasi nello stesso momento, il dittatore nordcoreano Kim Jong Un minacciava di eseguire nuovi test sulle armi nucleari. Due crisi che Trump aveva promesso di contenere, ora sono diventate più acute e minacciose di quanto non lo fossero state per qualche tempo.
L’incarnazione della capricciosità di Trump
L’uccisione di Soleimani è l’incarnazione della capricciosità di Trump. Lo stratagemma di cambiare direzione inaspettatamente, di fare minacce e attacchi a sorpresa non è riuscito a districare gli Stati Uniti dal pantano dell’Iraq-Iran-Siria. Washington ha continuato a essere trascinata nei conflitti in Medio Oriente. Da quando gli Stati Uniti, sotto la guida di Trump, si sono ritirati dall’accordo nucleare con l’Iran, Teheran ha cambiato rotta. Ha risposto alla strategia dell’amministrazione Trump di “massima pressione” con provocazioni, ad esempio attaccando le strutture americane in Medio Oriente. Il regime iraniano aveva sperato che l’approccio potesse costringere l’amministrazione Trump a tornare al tavolo dei negoziati.
Ora, sembra che gli attacchi reciproci possano portare alla catastrofe. L’uccisione da parte degli Stati Uniti del più importante generale di Teheran, un uomo celebrato dal regime come una specie di eroe popolare e combattente rivoluzionario per la libertà, segna la continuazione di questo confronto. È una mossa drammatica e scioccante che Teheran difficilmente può lasciare senza risposta. Trump ha affermato di non essere interessato alla guerra, ma il suo corso d’azione si sta dirigendo esattamente verso quella direzione.
Questo è il più grande pericolo che il mondo sta attualmente affrontando, ma non è l’unica conseguenza potenzialmente pericolosa dell’istintiva politica estera di Trump.
Anche [il confronto] con Kim Jong Un della Corea del Nord rimane imprevedibile. Per un breve momento, sembrò che potesse rispondere positivamente agli approcci personali di Trump e ridimensionare il suo programma nucleare in cambio di concessioni economiche. Dal suo bellicoso discorso di Capodanno, tuttavia, in cui minacciò direttamente l’America, è diventato più chiaro che mai che la bomba sia più importante per Kim rispetto alle relazioni economiche con gli Stati Uniti.
Innescare una guerra per caso
Il fallimento di Trump rappresenta una lezione sia per il governo degli Stati Uniti che per gli europei: vale a dire che la sfacciata bellicosità può essere appropriata per le campagne politiche, ma non trova posto nella diplomazia. La politica estera è tanto ardua quanto pericolosa. Richiede resistenza, umiltà e la volontà di scendere a compromessi.
L’accordo nucleare con l’Iran, stipulato dall’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, non impedì al regime di Teheran di fomentare conflitti nella regione, e Qassem Soleimani è stato lo strumento più importante dell’Iran per perseguirli. Tuttavia, il tentativo di Obama di abbattere il problema dell’Iran nelle sue diverse componenti si dimostrò come l’approccio più giusto. I grandi conflitti devono essere risolti passo dopo passo piuttosto che con un unico, grandioso accordo: smetti di lavorare allo sviluppo di armi nucleari e allenteremo le sanzioni. Ecco come funziona la diplomazia. L’Europa dovrebbe continuare ad adottare questo approccio.
L’esempio nordcoreano dimostra quanto sia importante coinvolgere i professionisti della politica. Trump, tuttavia, non ha rispetto per gli esperti. Sbarazzandosi di innumerevoli membri del personale, mise sostanzialmente da parte il Dipartimento di Stato e, nei negoziati con Pyongyang, questa ignoranza si fece sentire. Trump si affidò molto sulla presunta amicizia che pensava di intrattenere con Kim, non riuscendo a capire – apparentemente non ci fu nessuno in giro per dirglielo – quanto le armi nucleari fossero importanti per il mantenimento del potere da parte di Kim. Questa è l’unica spiegazione del perché Trump non fu in grado di garantire almeno una sospensione temporanea del programma nucleare nordcoreano in cambio del vertice del 2019 con Kim ad Hanoi.
Non c’è nulla di sbagliato nelle iniziative coraggiose e sorprendenti in materia di politica estera. Il riavvicinamento dell’ex cancelliere tedesco Willy Brandt con il blocco sovietico rese il mondo un posto più sicuro. Ma [tali approcci] devono essere preparati e applicati con cura. La diplomazia è un’impresa seria. Coloro che non si avvicinano con la gravità che merita rischiano di innescare una guerra per caso.