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City of Preston, Lancashire (UK)

In un lungo e corposo articolo pubblicato alla fine di giugno di quest’anno il quotidiano britannico The Guardian riassumeva per sommi capi i principi che sottendono “La nuova proposta economica di Sinistra” (The New Left Economics), intesa come alternativa “democratica” al corrente pensiero economico neoclassico. Noi, per ragioni di spazio e di specifico interesse ci soffermeremo solo sulla parte in cui vengono descritte le varie ipotesi di sviluppo che attengono all’economia di territorio, da cui emerge con successo il laboratorio Labour sperimentato nella città di Preston nel Lancashire (UK).

Riteniamo che in questo breve post sia impossibile formulare un sommario giudizio sui capisaldi che sorreggono l’intera formulazione della New Left Economics (NLE), poiché ciò presupporrebbe addentrarci nel come essa procederebbe a smantellare le attuali architravi che reggono l’economia marginalistica, fino a mettere in dubbio la sua presunta fondante neutralità “microeconomica”. C’è molto della critica neokeynesiana nella NLE, in particolare per quanto riguarda il dibattuto “equilibrio di massima occupazione”, la cui alta intensità è ragguagliata esclusivamente dalla condizione di sfruttamento (cessione di diritti) a cui, da ormai quattro decenni, è sottoposta la forza lavoro. Da questa subalternità, secondo la NLE, si esce con una maggior partecipazione dei lavoratori nella gestione dei processi produttivi. C’è anche molto del municipalismo socialista italiano del primo decennio del secolo scorso, mutuato successivamente dagli economisti labouristi inglesi Tawney e Cole. Ma fermiamoci sul laboratorio di Preston, chissà che non sia foriero di qualche iniziativa similare anche a casa nostra.

The New Left Economics: how a network of tinkers is transforming capitalism

…durante gli anni difficili per la sinistra britannica, si iniziò al di là  dell’Atlantico un altro esperimento di democratizzazione dell’economia, in un paese meno associato alle rivolte contro il capitalismo. Era un tentativo più locale, ma anche più approfondito di quanto fu il precedente inglese (Tony Benn) costituito da una dispersione di cooperative vulnerabili, una iniziativa che cercava di mobilitare il potere dei consumatori piuttosto che quello dei produttori.

Gar Alperovitz è un economista e attivista americano di 83 anni. Dagli anni 60 ha promosso ostinatamente innovazioni economiche che mettono gli obiettivi sociali davanti agli obiettivi commerciali. Spesso è stato una figura marginale, ma a intermittenza ha attirato molta attenzione. Nel 1983, apparve sulla copertina della rivista Time sul futuro dell’economia. Nel 2000, presso l’Università del Maryland, co-fondò il Democracy Collaborative, un centro di ricerca su come rilanciare la vita politica ed economica nelle aree in declino degli Stati Uniti, che si è gradualmente espansa formando anche un gruppo di attivisti.

Le città americane in difficoltà sono in uno stato di degrado più avanzato rispetto alle loro equivalenti britanniche“, afferma Guinan, che ha lavorato per la Democracy Collaborative per un decennio. “Ma il governo locale americano ha anche maggiori poteri. Quindi si ha la possibilità di creare nuovi modelli radicali dal nulla.

Nel 2008, la Democracy Collaborative iniziò a lavorare a Cleveland, una delle grandi città più povere d’America, che aveva perso lavoro e residenti per decenni. Gli attivisti hanno seguito una strategia di Alperovitz chiamata “costruzione di ricchezza nella comunità“. Essa ha lo scopo di porre fine alla dipendenza delle economie locali in difficoltà dipendenti dalle relazioni disuguali da parte di società esterne che estraggono ricchezza – come le catene distributive – e di basare queste economie invece su attività locali più socialmente consapevoli.

A Cleveland, la Democracy Collaborative ha contribuito a costituire una società di energia solare, una lavanderia industriale e una fattoria idroponica nel centro della città che coltiva lattughe e basilico. Tutte e tre le imprese erano di proprietà dei loro dipendenti e alcuni dei loro profitti andavano a una holding incaricata a costituire più cooperative in città. Finora, tutte le tre le imprese hanno avuto successo. L’obiettivo del progetto è stato riassunto in termini schietti, quasi populisti da uno dei co-fondatori della Democracy Collaborative, Ted Howard, nel 2017: “[Agendo così] si impedisce la fuoriuscita di denaro dalla nostra comunità“. Tuttavia, “la costruzione di ricchezza nella comunità” persegue uno scopo più sottile: è una dimostrazione concreta che le decisioni economiche possono essere basate su qualcosa di più rispetto ai criteri ristretti del neoliberismo.

Howard lo stava dicendo in una nuova conferenza su argomenti economici in Inghilterra, organizzata da John McDonnell. I due uomini si danno del “tu”. L’anno scorso, McDonnell presentò Howard in un altro evento laburista, a Preston: “Adesso, lo invitiamo regolarmente, per spiegare il lavoro che ha svolto“.

John McDonnell è da tempo interessato a decentralizzare e democratizzare l’economia. Cita spesso Tawney, Cole e Benn nei discorsi. Durante gli anni 80, McDonnell fu vicedirettore e in effetti il ​​cancelliere del Greater London Council (GLC), che perseguì esperimenti in stile Benn con cooperative sostenute dallo Stato, con risultati altrettanto misti, fino a quando non fu abolito dalla Thatcher nel 1986.

Contrariamente al suo solito ritratto di orco statalista, McDonnell crede che ci siano limiti per quanto la sinistra possa fare nell’aumentare le tasse e la spesa pubblica. A suo avviso, molti elettori non sono disposti, o semplicemente incapaci, a pagare molte più tasse, specialmente quando gli standard di vita sono ridotti, come accade ora. Crede anche che il governo centrale abbia perso autorità: è visto come troppo debole e nello stesso tempo avaro di soldi a causa dell’austerità; [inoltre] troppo forte, troppo invadente e prepotente nei confronti dei cittadini. Invece di fare affidamento sullo Stato per creare una società migliore, sostiene uno degli consiglieri fidati di McDonnell, i governi di sinistra, sia a livello comunale che nazionale, “devono penetrare all’interno del meccanismo capitalistico per cambiarne il funzionamento“.

Negli ultimi anni, con l’incoraggiamento di McDonnell e Corbyn, e la guida del Democracy Collaborative, molti dei principi del “modello di Cleveland“, come è rispettosamente conosciuto nei circoli transatlantici di sinistra, sono stati adottati dalla municipalità Labour di Preston. Una piccola, ex città industriale del Lancashire. La rigenerazione è stata promossa come una anticipazione della Gran Bretagna sotto un governo Corbyn.

Il centro della città di Preston, che è in declino da decenni, ora ha un mercato coperto rinnovato e frequentato. [Vi sono] studi di nuovi artisti negli ex uffici del consiglio comunale, caffè e birra artigianale venduti da container di spedizione convertiti proprio dietro il municipio. Tutte queste imprese sono state facilitate dal consiglio. Meno visibilmente, ma probabilmente ancora più importante, la grande concentrazione presente nella città di altri enti del settore pubblico – un ospedale, un’università, un quartier generale della polizia – è stata persuasa dal consiglio a procurarsi, nel limite possibile, di beni e servizi a livello locale, diventando ciò che la Democracy Collaborative chiama ” istituzioni di ancoraggio “. Ora, spendono quasi quattro volte più dei loro budget in Preston rispetto al 2013.

Il leader del consiglio è Matthew Brown, un 46enne veemente e spigoloso che è stato in parte ispirato ad entrare in politica vedendo Benn in televisione da adolescente. “Quello che stiamo facendo a Preston è di buon senso, ma è anche ideologico“, mi disse Brown, quando c’incontrammo nel suo disadorno ufficio. “Stiamo vivendo una crisi sistemica del capitalismo e dobbiamo creare alternative“. Agendo così – specialmente in un momento in cui si suppone che i consigli locali siano stati fortemente indeboliti dai tagli del governo – Preston non è altro che un piccolo ma visibile modo attraverso cui si mina l’autorità del neoliberismo, poiché esso si basa sull’insistenza che non siano possibili altre opzioni economiche.

Il consiglio, continuò orgogliosamente Brown, “sostenne le piccole imprese locali anziché i grandi capitalisti“. Usa il suo “effetto leva” come procuratore per far sì che le imprese si comportino in modo più etico: che paghino il salario minimo, che assumano personale più diversificato. E ciò mirava a rendere la città un luogo in cui le cooperative fossero la norma piuttosto che la nicchia: “La mia intenzione è di portare [la loro quota] dal 30% al 40% della nostra economia“.

Gli ho chiesto se avesse dei dubbi su una città con una popolazione inferiore a 150.000 che fungeva da esempio per rimodellare l’intera economia britannica e, di conseguenza, l’economia nel suo complesso. “No“, ha detto. “ne sono intimamente convinto.”

C’è fiducia nei nuovi economisti, il che è una sorpresa dopo tutte le sconfitte della sinistra negli anni 80 e 90. Ma con un capitalismo meno efficace e popolare di allora, i nuovi economisti credono di essere ora impegnati in ciò che il teorico politico Antonio Gramsci – che sta avendo una grande influenza su di loro e su McDonnell – definì una “guerra di posizione“: un costante accumulo di alleanze, idee e credibilità pubblica. Berry descrive questo processo come una “transizione” che può portare a un’economia diversa. Nel 2017 McDonnell mi disse che voleva “una trasformazione scenica del nostro sistema economico“. Se vi sono abbastanza altri consigli labouristi che copiano Preston – e molti sono interessati – allora anche senza un governo Corbyn, per non parlare di qualsiasi tipo di rivoluzione socialista, l’economia britannica si muoverà verso sinistra, sia nelle priorità che sceglie che negli interessi che favorisce.

Poche ore dopo aver incontrato Brown a Preston, parlai di nuovo con McDonnell riguardo alla nuova vibrazione intellettuale della sinistra. “Stiamo iniziando a ricostruire ciò che abbiamo avuto con Tony Benn negli anni 70“, disse. “Una serie di laboratori pensanti – NEF e Class [un altro thinktank economico di sinistra] sono stati rivitalizzati. Michael Jacobs brulica di idee. Stiamo discutendo efficacemente per un’economia più democratica. Raddoppiare il numero di cooperative nel Regno Unito“, come sostenuto dalla NEF l’anno scorso, “è relativamente timido. Vogliamo andare oltre.”…

…Ma trasformare la nuova economia in politiche nazionali sarà difficile, anche se il Labour dovesse vincere. L’estate scorsa, il capo del NEF, Miatta Fahnbulleh, fu invitato un giorno per uno scambio di idee con i funzionari del Tesoro per parlare della nuova economia. “Quando ci sono arrivato“, mi disse, “ho capito subito che per il Tesoro la nuova economia significa solo tecnologia [aziende]. “Quando iniziai a parlare invece di come l’economia potesse funzionare diversamente, accolsero la mia premessa [dicendomi] che lo status quo ha problemi a riguardo: sono il Ministero del Tesoro, posseggono i dati. Pensavano che la nuova economia fosse interessante … ma solo in una sorta di dibattito accademico.

https://www.theguardian.com/news/2019/jun/25/the-new-left-economics-how-a-network-of-thinkers-is-transforming-capitalism?utm_source=%23NightReview&utm_campaign=78b729300f-28-06-19&utm_medium=email&utm_term=0_88ab791e01-78b729300f-219508065&fbclid=IwAR3rgXw6GYG4SVlrnO8HGG2H7lLELSxOxrf4z8vR-eDJRIK1VRaHSUbKFp0

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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