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Che la politica sia anche propaganda è un fatto. Che tra propaganda e azione la politica debba stabilire un limite, per non perdere la propria credibilità, dovrebbe essere una semplice questione di buon senso. Ma non sempre funziona così.

Nei mesi scorsi, in concomitanza con la prima legge di bilancio varata dal governo 5S-Lega, ha avuto grande rilievo la notizia del finanziamento di due milioni assegnati per il “Retroporto di Alessandria”. Per quanto mi riguarda, ho sempre detto in proposito: “meglio poco che niente, meglio tardi che mai”.

Un atteggiamento normale per chi, avendo fatto a lungo l’amministratore, sa bene che il “tutto e subito” non è quasi mai possibile. Certo, non ho mancato di sottolineare come due milioni non siano neppure sufficienti a realizzare un quinto della strada di collegamento tra lo scalo e il sistema delle tangenziali e autostrade e che sarebbe stato necessario definire quanto prima possibile l’azione cui destinare quelle poche ma importanti risorse.

Naturalmente, gli attori politici oggi alla guida della città, in polifonia con i nuovi vertici di Slala e in sintonia con autorevoli istituzioni locali quali la Camera di Commercio e la Fondazione CRAL, hanno messo ben altra enfasi sulla notizia. Hanno parlato di “svolta storica”, di una “nuova primavera per la logistica ad Alessandria”, trovando zelanti amplificatori presso alcuni commentatori e opinionisti locali.

Al punto da legittimare l’attesa di un imminente passaggio alla fase operativa: individuazione di aree, definizione della tipologia di interventi, avvio della progettazione. Invece, niente di tutto ciò, anzi. Su quella vampata focosa sembra essere sceso il velo del silenzio.

La Fondazione Slala, delegata ad essere cabina di regia di un’ardimentosa e complicata operazione, che avrebbe dovuto tenere insieme il rilancio dello scalo ferroviario sul medio termine e più a breve la proliferazione di 4 o 5 aree di sosta e instradamento dei Tir (le cosiddette aree buffer), non ha più aggiornato il file in questione. E si dedica, meritoriamente, a svolgere in varie scuole della provincia un attività di orientamento dei giovani alla formazione nei mestieri della logistica.

A distanza di ormai diversi mesi dalla sequenza trionfalistica di annunci in stile “ci siamo, riparte lo scalo”, è lecito perciò porsi qualche domanda e cercare le possibili verifiche attingibili dalle fonti ufficiali. La prima delle quali è, ovviamente, da effettuarsi nella programmazione dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale (che comprende i porti di Genova, Prà, Savona e Vado), poiché è in relazione a quel sistema che si immagina il rilancio dello scalo alessandrino.

Orbene, dall’esame della documentazione pubblicata sul sito dell’Autorità, arrivano alcune conferme: i due milioni dichiarati sembrano effettivamente esserci (il sembrano sta in un dettaglio di cui darò conto tra poche righe); sono assegnati (e questo già si sapeva) al sindaco di Genova, nella sua qualità di Commissario straordinario per la ricostruzione dopo il crollo del Ponte Morandi; sono rubricati sotto il titolo di “Retroporto di Alessandria”. Sin qui le certezze.

L’ulteriore approfondimento consente di allargare lo zoom e di vedere un po’ più in dettaglio le cose. Nel piano strategico triennale 2019-2021, i due milioni destinati ad Alessandria sono collocati nell’elenco di investimenti dell’area “Ultimo miglio stradale e ferroviario”, sono collocati al 2021 e fanno parte di un pacchetto complessivo di spesa (per tutti gli interventi dell’area stessa) pari a poco meno di centoottanta milioni di euro, dei quali si dice ne siano già disponibili poco più di centosettanta.

Questa constatazione, non maliziosa ma desunta dagli atti, dovrebbe indurre a una riflessione attenta: il combinato disposto tra la collocazione all’ultimo anno della programmazione pluriennale e l’ancora incompleta disponibilità delle risorse destinate agli interventi per l’”Ultimo miglio stradale”, tra i quali è collocato il “Retroporto di Alessandria”, dopo i gaudenti brindisi merita una vigilanza accorta a garantire che i due milioni programmati non siano cancellati prima ancora di arrivare. Cosa tutt’altro che impossibile; visto quanto successe con la giunta regionale del leghista Cota, che cancellò di punto in bianco le risorse stanziate per la strada di collegamento tra lo scalo merci di Alessandria e la tangenziale di Alessandria, oltre ai fondi per l’elettrificazione della Casale-Vercelli.

Qualche considerazione va poi spesa sulla finalità di quella posta. Su questo il piano strategico triennale qualcosa di più la dice: i due milioni serviranno, letteralmente alla “progettazione del nuovo centro merci intermodale e ferroviario di Alessandria Smistamento”. Dunque, tra due anni avremo, forse, un progetto, del quale al momento si ignorano totalmente alcuni elementi di fondo, preliminari ma essenziali: uno fra tutti, il più rilevante, cosa pensa di tutto ciò il gruppo FSI, che attraverso le sue società detiene il controllo totale dello scalo?

Su questo è impossibile rintracciare alcunché. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, possiamo rallegrarci che lo scalo merci di Alessandria sia almeno, dopo lungo tempo di assenza, citato negli atti di programmazione. Non è la prima volta, giacché la volta precedente si era arrivati anche più in là, con la costituzione di una società ad hoc, denominata esattamente “Società del Retroporto”, di cui facevano parte il Porto di Genova, le Ferrovie dello Stato e la Regione Piemonte.

Ci pensarono Fabbio e Cota a disfare tutto. Ora non è detto debba andare nello stesso modo, e noi certo non ce lo auguriamo, ma gli atti disponibili a oggi, e il silenzio di questi mesi, vogliono che non si perda di vista la parte mezza vuota del bicchiere. Al momento, sotto la propaganda c’è poco o niente.

Non molto è dato sapere sull’altro fronte aperto da Slala nei mesi scorsi: quello delle cosiddette “aree buffer”, che altro non sono se non una sorta di “camera di laminazione” (per mutuare un concetto dall’idraulica), in cui concentrare la sosta del traffico pesante diretto verso i porti e organizzarne la ripartenza in modo da non causare accumuli eccessivi di traffico sulla rete stradale o ai gates portuali.

Infrastrutture utili, la cui localizzazione e programmazione, nonché la successiva gestione, vanno definite e concertate con cura insieme agli enti territoriali, perché la loro ricaduta in termini ambientali e di impatto sulla rete stradale ordinaria e sui traffici può essere anche molto significativo e, certo, non limitato alla “cinta daziaria” dei comuni di ubicazione.

Anche di questo aspetto non si sa più nulla. L’elenco molto ampio di località, indicate in legge al fine di definire la “Zona logistica semplificata” al servizio del Porto di Genova, coinvolge diversi Comuni della nostra Provincia, alcuni dei quali mai hanno avuto nulla a che spartire con la logistica. La comprensibile speranza di ricavare qualche vantaggio marginale da questa operazione li ha probabilmente spinti ad aderire a Slala. Ma anche su questo fronte, che pure dovrebbe essere ancora più urgente viste le gravi turbative che il crollo del Ponte Morandi ha prodotto sui traffici, dopo mesi non c’è nulla di nuovo da segnalare.

Neppure sul sito ufficiale di UIRNet, la società pubblica cui lo Stato ha da tempo affidato in esclusiva l’attuazione della Piattaformo Logistica Digitale del Paese, è rintracciabile qualche passo avanti degno di nota. E’ probabile, e auspicabile, che alla fine tra i vari siti indicati la scelta operativa di localizzazione vada sui pochi che già sono compromessi da processi di infrastrutturazione (Arquata, Novi S.Bovo, Rivalta Scrivia, lo stesso scalo di Alessandria, che però richiederebbe la strada di collegamento).

Sarebbe una scelta intelligente di riutilizzo, che eviterebbe il consumo di nuovo suolo. Della quale, tuttavia, non si può al momento parlare se non nel vuoto pneumatico di qualsiasi proposta concreta. Voglio augurarmi che la mia critica, tutto sommato pacata rispetto al trionfalismo roteante messo in scena alcuni mesi fa da chi ci amministra, venga quanto prima smentita con i fatti. Ma temo che non accadrà.

Concludo queste note con una considerazione che è anche autocritica, e i cui approfondimenti rimando però a una prossima puntata. Su questo tema, della logistica ad Alessandria, è forse giunto il momento di rovesciare il paradigma, focalizzando l’attenzione su due questioni che sono state a lungo, e in parte sono tuttora, considerate come derivate secondarie rispetto all’obiettivo principale: “Alessandria, retroporto di Genova”.

Una lettura consapevole delle difficoltà e dei fallimenti ad oggi registrati, dovrebbe invece indurci a considerare due elementi con i quali, piaccia o meno, occorre fare i conti.

Il primo: difficilmente si può pensare di recuperare ruolo allo scalo di Alessandria se non si ha in testa un rilancio complessivo del nodo ferroviario alessandrino, anche sul fronte passeggeri. Il declino di Alessandria è, almeno in parte, il declino della sua funzione ferroviaria. cominciata tempo fa ma giunta al culmine con la marginalizzazione dei grandi assi di collegamento con il sud e il sud-est del Paese, a vantaggio della T dell’alta velocità. O si recupera una funzione strategica su tutto il fronte, o è difficile guadagnare terreno solo sul traffico delle merci.

Il secondo: bisognerà mettere in primo piano l’esigenza di riqualificare un’area del territorio enorme, compromessa, in parte inquinata e degradata, senza precludere certo la possibilità di valorizzarla in parte anche per la logistica, ma con il realismo necessario a evitare che, in attesa che quest’ultima arrivi se mai arriverà, generazioni di alessandrini debbano convivere con un’infrastruttura morta, generatrice solo di problemi e illusioni. Su questo terreno, si possono immaginare idee e suggestioni innovative, delle quali sarebbe bello discutere.

                                                                                       Daniele Borioli

 

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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