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La scorsa settimana sono accaduti due fatti che potrebbero far luce sulla direzione che sta prendendo il capitalismo americano. Ciò può avere anche un riflesso internazionale, in quanto gli USA sono stati nel corso del ‘900 i disegnatori – attualmente i curatori – di quel modello economico entro cui si vengono a rapportare  i diversi elementi che ne costituiscono l’essenza. Detto in altri termini: una sua eventuale  “rottura” modificherebbe la relazione che da circa mezzo secolo sussiste tra capitale/lavoro, rendita/profitto, estrazione/distribuzione, a vantaggio dei primi sui secondi.

In primo luogo, il consiglio di amministrazione di Tesla ha ceduto alla richiesta di Elon Musk di ricevere un pacchetto retributivo da mille miliardi di dollari però a condizione che raggiunga determinati obiettivi. Un tale riconoscimento retributivo per Musk è così grottesco da scandalizzare perfino i più ferventi capitalisti del libero mercato. Sebbene il suo consiglio di amministrazione sia pieno di amici e parenti, ha comunque subordinato il trilione al conseguimento di un improbabile obiettivo.

In secondo luogo, gli elettori di New York City – la capitale del capitalismo mondiale – hanno eletto sindaco un socialista democratico che pensa che i miliardari dovrebbero essere tassati in ragione del loro pingue patrimonio.

Gli oligarchi di New York hanno speso più di 55 milioni di dollari nel tentativo di sconfiggere Mamdani e far eleggere al suo posto Andrew Cuomo. Con Cuomo, che ha ottenuto poco meno di 855.000 voti, la spesa totale per prevalere su Mamdani è stata di circa 65 dollari a voto. La stessa per il candidato democratico è stata di circa 16 milioni di dollari, pari a circa 15 dollari a voto. Questo significa che quando si rendano edotti i ceti di riferimento, tali maggioranze sconfiggono le ricche minoranze.

Non si possono trarre conclusioni definitive da tutto questo, ma il bizzarro pacchetto retributivo di Musk e la vittoria di Mamdani suggeriscono che la forma unica di capitalismo estremo, attualmente praticata in America, potrebbe essere giunta al termine.

Nessun’altra nazione capitalista avanzata sottopone le proprie famiglie lavoratrici a tanta paura e incertezza sul lavoro, salari, salute e pensione come l’America. In verità non si enumera altro governo occidentale che tolleri le stesse disuguaglianze di reddito e ricchezza come sta accadendo negli USA, anche se colà si comincia a notare che alcuni fattori si stanno muovendo verso una direzione politica orientata a prediligere un maggiore equilibrio distributivo della ricchezza. La retribuzione di Musk e la vittoria di Mamdani ne sono le prove A e B.

Il duro capitalismo americano è diventato insostenibile, politicamente ed economicamente.

Insostenibile politicamente

L’80% dei meno abbienti, i cui stipendi non hanno tenuto il passo con l’inflazione, è sempre più arrabbiato. Questa collera ha infuso in entrambi i partiti politici un feroce populismo anti-establishment e ha alimentato una profonda sfiducia in tutte le istituzioni politiche.

Nel 2016, gran parte dell’elettorato si schierò con Bernie Sanders o Donald Trump – due outsider che all’epoca non erano né Democratici né Repubblicani, ma che dissero agli elettori ciò che già sospettavano: che il sistema era truccato a loro sfavore. Entrambi i candidati promettevano un cambiamento radicale.

Sfortunatamente per l’America e il mondo, la componente aziendale e quella finanziaria di Wall Street del Partito Democratico ha posto fine alla candidatura di Sanders, lasciando a Trump il compito di parlare di mercato truccato e convincere gli elettori di essere dalla loro parte. In realtà, era, ed è rimasto, sul cavallo dei miliardari.

Il partito anti-establishment continua a essere la forza politica più potente in America, all’interno di entrambi le due formazioni partitiche tradizionali.

Martedì scorso, la sinistra democratica ha prevalso. Persino i cosiddetti Democratici “moderati” i quali hanno vinto le elezioni governative in Virginia e nel New Jersey hanno preso di mira i servizi di pubblica utilità, i data center dell’intelligenza artificiale che richiedono enormi quantità di energia elettrica sottraendola ai residenti, le grandi aziende che colludono per mantenere alti gli affitti e gli intermediari farmaceutici che hanno fatto salire i prezzi dei farmaci.

Insostenibile economicamente

Quando una gran parte del reddito e della ricchezza nazionale si concentra nelle mani dei più ricchi, il resto della popolazione non ha abbastanza potere d’acquisto per far crescere l’economia.

Il 10% più ricco rappresenta ora la metà della spesa totale negli Stati Uniti (rispetto a un terzo di trent’anni fa). E gran parte di questa spesa si basa sui loro titoli azionari, il cui valore è in forte crescita.

Ma è un castello di carte. Il mercato azionario ora dipende da una manciata di titoli altamente speculativi – incentrati su intelligenza artificiale, big tech e criptovalute – che potrebbero esplodere in qualsiasi momento, facendo crollare sia il mercato azionario sia la fiducia di coloro che ora mantengono in vita l’economia. Le tariffe imprevedibili di Trump, le sue agevolazioni e scappatoie fiscali per i ricchi hanno aggravato la fragilità, costringendo i datori di lavoro a esimersi dal fare investimenti importanti a causa dell’incertezza e costringendo i consumatori a lottare contro l’aumento dei prezzi di cibo, energia, abbigliamento e altri beni di prima necessità.

Cosa significa questo?

Il successo condizionato di Musk nell’ottenere un pacchetto retributivo da mille miliardi di dollari, unito al fallimento delle aziende e dei titani di Wall Street nell’impedire a Mamdani di diventare il prossimo sindaco della capitale del capitalismo globale, non segnalano una fine improvvisa dello spietato capitalismo americano.

Piuttosto, i due eventi sono indicatori di dove probabilmente quel sistema si sta dirigendo: non verso una rivoluzione socialista, ma verso una forma di capitalismo più in linea con i principi costituzionali di giustizia e di eguaglianza.

Negli anni ’30, Franklin D. Roosevelt salvò il capitalismo dai suoi eccessi. La sua previdenza sociale, gli investimenti pubblici e le tasse elevate sui ricchi hanno aperto la strada alla più numerosa classe media che il mondo abbia mai visto, nei primi tre decenni dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Ma l’America ha abbandonato quella strada negli anni ’80 e da allora se ne è allontanata sempre di più. In modi opposti, sia Musk sia Mamdani pongono la stessa domanda: sono pronti gli americani a rimettersi in carreggiata?

fg

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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